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MORKOBOT + VIBRATACORE
LND - 21/01/2012


Immaginate gli Hawkwind con Steve Albini in sala di regia. Oppure dei matematici che imbracciano lo strumento. O meglio ancora dei Don Caballero in crisi di astinenza. Tutto questo sono i Morkobot. Dei degenerati in cerca della formula esatta. O dei pazzi monomaniaci senza nessuna corrispondenza farmaceutica. Stasera sono all'L.N.D., associazione culturale ricca di pregio nella sperduta provincia teramana, che mette sullo stesso piatto Vibratacore e Lin Lan Len (i messaggeri di Morkobot), delitto perfetto e castigo per le nostre colpe.

I padroni di casa offrono un set di una mezz'ora al fulmicotone. I Vibratacore tritano grind, post core e crossover con una violenza inaudita. "Good Morning Pain" inventa il concetto della formula, "Doomsday" non mantiene niente di quello che promette il titolo, dato che in poco più di due minuti vomita una quantità di riff tale da costruirci almeno tre canzoni doom e "For My Family" è il grido di appertenenza urlato insieme al compare Mauro dei fratelli MuD, altro gruppo, nel genere, da tenere sott'occhio. Sul palco Andrea, il cantante, si diverte e cerca il coinvolgimento delle prime file, Marco e Lorenzo, drums and bass, arrivano allo stomaco come un piatto di mazzarelle in putrescenza e la chitarra di Fango è puro odio rabbioso; sotto, il pubblico, ha l'aspetto di una vergine stuprata. Non resta che trovare riparo al banchetto del merchandising dove i ragazzi ci fanno capire, con un intuizione geniale, che il download del cd può passare attraverso altre vie, anche digitando il codice trovato sull'etichetta di una bottiglia di Montepulciano superiore marchiato con il logo della band. Buon sangue non mente.

Un effetto spacetronic introduce l'entità aliena Morkobot sul pianeta terra. Il pretesto è la fresca pubblicazione di "Morbo", quarto album della band e ultimo capitolo della trilogia iniziata con "Mostro" e continuata con "Morto", per la Supernatural Cat. L'entità è priva di voce ma le sue intenzioni le cogliamo al volo: distruggere la razza umana. È quello che fanno impastando il vortice dei due bassi con risultati vicini alla trance psichedelica. Al loro servizio hanno una quantità di pedali che sparano suoni micidiali, a volte simili a chitarre acide, altre volte simili a tastiere snaturate; il tutto corroborato da un gorilla depilato (ormai ne siamo certi!) seduto dietro la batteria. Classe alla Mike Bordin e sostanza alla Tambours du Bronx, picchia dentro un barile di ferro con naturalezza. Rompe e ricostruisce strutture articolate e ritmi spezzati. Il batterista perfetto. "Dentro" i suoi colpi si amalgamo riff distorti dal sapore zappiano e pause spaziali per riprendere fiato. Poi, dopo una quarantina di minuti, l'entità si dissolve senza concedere bis e torna da dove era venuta, senza dimenticare di fare il pieno di Genziana, acqua ardente per i motori intergalattici.
La notte non è ancora terminata. C'è da alzare in alto i bicchieri a favore dei ragazzi dell'L.N.D. che dimostrano ancora una volta che la cordialità abruzzese unita a scelte giuste, produce bellissimi risultati. Lo sanno bene anche i nostri Lin Lan Len che, tornando sulla terra in umane sembianze, non si risparmiamo davanti ad una pizza rustica e l'ennesimo sorso di genziana.
Cheers!



Eugenio Di Giacomantonio

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