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Voto
01. By the Sun of the Light Keeper
02. Internal Dictatorship
03. Power Is a Splendid Shroud
04. Lovecraftopolis (Part I)

Moonlight Records
2011
Website

TALISMAN STONE - "Lovecraftopolis"

Un fiore appuntito ed aguzzo colore dell'oro. Immagine ispida ed avvolgente allo stesso tempo. Visioni lugubri e decadenti addolcite da aromi speziati e da una sensibilità squisitamente femminile. Al secondo full lenght i Talisman Stone ci offrono la lettura più candidamente sperimentale della propria metà oscura. Double bass, drums and sitar. Voce maschile più voce femminile. La chitarra non conta. Non serve. Se pensate che il muro di suono così prodotto non è sufficiente a stordirvi da capo a piedi, beh, terminate qui la vostra lettura e inserite un disco di Yngwie Malmsteen. Se invece avete bisogno di pura malvagità Burning Witch, corroborata dal lento passo Sleep, allora procuratevi questo "Lovecraftopolis" e buon viaggio all'inferno.
"By the Sun of the Light Keeper" è il biglietto d'ingresso: pure doom from other space. La voce di Erica ammalia con cantilene da maga circe e la distorsione che creano i due bassi viene stemperata da dolci passaggi di "pattern" ambientali. Qualcosa che va in direzione shoegaze ma senza insistere sui stilemi del genere. "Internal Dictatorship" insiste sull'argomento con generosi innesti di flauto e tabla (suonate da Lucia) ma è un'istante, perchè Andrea, degno sacerdote del rito growl, riporta tutto su coordinate nere come la pece. Uno/due iniziale niente male, considerano che siamo già oltre i quindici minuti di esperienza lisergica. Il centro del disco propone due capitoli fondamentali e profondamente legati: "Power Is a Splendid Shroud" e "Lovecraftopolis (Part I)". La prima spalanca le porte sul gange, fiume sacro che proietta i propri demoni interiori all'esterno. Un lungo e ispirato intro con sitar addolcisce l'orizzonte, ma, come ogni elemento in questo disco, è solo la controparte del maligno. Oltre dieci minuti di saliscendi emotivo e siamo pronti per la chiusura con la title track, una versione sciamanica di come avrebbero potuto suonare gli OM se fossero nati nella generosa terra romagnola. Nell'intermezzo la musica tace per un secondo ed Erica offre i suoi lamenti all'infinito che ha di fronte. Pura esperienza mistica. Poi, lentamente, i due bassi continuano a rullare e tutto, delicatamente, si spegne.
Originalità e voglia di sperimentare: questo è quello che ci piace nella nutrita schiera di gruppi italiani che si sta nutrendo di doom, occult rock, alchimie segrete e droghe sconosciute. Hail to magicians!


Eugenio Di Giacomantonio

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